Autore: Lorenzo Gennari

Kitesurf, il cambio di direzione

Kitesurf, il cambio di direzione

Dopo il post dedicato alla partenza, ecco a voi un altro video didattico al rallentatore. Questa volta si tratta di quello che in gergo nautico si chiama “cambio di mure”. Il tutorial è stato realizzato in condizioni fin troppo ottimali di acqua piatta (laghetto antistante la spiaggia di San Teodoro ad Olbia), ma le difficoltà in più che potreste incontrare nel caso di formazione d’onda sono facilmente superabili con la pratica. Per imparare a fare le virate, infatti, il posto ideale è uno specchio d’acqua senza onde, appunto come un laghetto. Il massimo però sarebbe che non ci fossero solo 20 cm d’acqua come nel caso del video (altrimenti, se venite trascinati, vi fate molto male).

La teoria è questa: (non ci sono differenze se state navigando “mure a dritta”, cioè con il vento che proviene dalla vostra destra, oppure “mure a sinistra”)

1 – Spingete con il piede posteriore sulla poppa della tavola (parte terminale posteriore) accennando un’andatura di bolina. Se necessario piegate le gambe per non farvi trascinare dalla vela in avanti oltre la tavola

2 – Portate il kite allo zenith e, molto rapidamente, mandatelo verso il bordo finestra opposto a quello in cui si trovava prima

3 – Lasciatevi portare senza stendere troppo le gambe e senza attaccarvi alla barra finché non sarete pronti per cambiare l’assetto

4 – Piegate leggermente la gamba posteriore (che è l’anteriore dell’andatura precedente) per portarvi la tavola sotto il sedere (stesso concetto della partenza) e stendete quella anteriore (che sarebbe la posteriore dell’andatura precedente)

5 – Se avete bisogno di trazione (pull) mandate giù il kite, se avete bisogno di sollevamento mandatelo su (lift). In genere avrete bisogno di trazione.

Relativamente alla tavola, le fasi distinguibili sono 3:

1 – Pop: accenno di bolina con il kite ancora in trazione (è una manovra che si fa tutta con la tavola e le gambe, NON con la vela).

2 – Slide: la tavola scivola via nella direzione del vento senza opporre resistenza.

3 – Go: recupero dell’assetto di navigazione (con tavola e vela).

La fase di “pop” è comune ai salti, ma in quest’ultimo caso va eseguita in maniera improvvisa e violenta, mentre, per il cambio di mure, va fatta in maniera graduale stringendo la manovra solo alla fine. Qui potete vedere alcuni “pop” radicali.

E’ la parte più importante perché imposta la manovra e se non la fate rischiate di essere trascinati dalla vela oltre la tavola cadendo a faccia in avanti e perdendo di vista la vela. Il pop serve anche ad evitare che perdiate troppa acqua nel cambio di mure dopo che magari avete fatto una faticaccia immane a bolinare per risalire il vento. Man mano che acquisite sicurezza con la manovra dovrete cercare di far durare il meno possibile la fase di slide (che vi riporta sottovento).

Meno slide fate e meno tornate sottovento. Nel video vi potete accorgere che, grazie al pop, nel tornare indietro, il kiter non ha fatto altro che rimettersi sulla scia da dove veniva, quindi, in sostanza non ha perso acqua e, se avesse accorciato i tempi di slide, sarebbe riuscito addirittura a guadagnare una posizione sopravvento alla scia dell’andata. Le vele che vedete nell’inquadratura sono di altri ktier e non dovete prenderle in considerazione. Se ci sono domande, le potete fare nei commenti.

Kitesurf, il cambio di direzione é stato pubblicato su outdoorblog alle 14:00 di mercoledì 09 giugno 2010.


Kitesurf, il segreto della partenza

Kitesurf, il segreto della partenza

Una delle lezioni più difficili dei corsi di kitesurf è senza dubbio quella che riguarda la partenza. Per chi non ha mai avuto tavole ai piedi, capire esattamente quali siano i movimenti chiave per uscire dall’acqua e iniziare a planare non è così scontato nemmeno a livello teorico. Nel post di oggi ho pensato di commentare un video dove chiunque può apprezzare, grazie al rallenty, il segreto per la riuscita della partenza.

Se ci fate caso, finché il kiter punta i piedi sulla tavola contrastando “il tiro” della vela non fa altro che scarrocciare nella stessa direzione del vento, quando invece “gira” la tavola nella direzione in cui vuole procedere, piegando la gamba posteriore e stendendo quella anteriore, allora inizia a navigare tagliando l’acqua.

In sostanza con la gamba posteriore dovete letteralmente mettervi la tavola sotto il sedere per far si che sostenga tutto il vostro peso e poi dovete orientare con forza la prua (la parte anteriore della tavola) nella direzione in cui volete procedere agendo con la gamba anteriore (all’inizio andrete prevalentemente al lasco). Osservate come “cambia la musica” non appena il kiter gira la tavola con una sorta di “switch and go”. Domande?

Kitesurf, il segreto della partenza é stato pubblicato su outdoorblog alle 17:04 di martedì 08 giugno 2010.


Fabian Cancellara e la bicicletta “truccata”, non c’è pace per il ciclismo

Fabian Cancellara e la bicicletta “truccata”, non c’è pace per il ciclismo

Dopo la bufera doping e le pesanti squalifiche subite da alcuni dei protagonisti della stagione ciclistica appena cominciata, adesso arriva il caso del “doping tecnologico”. Tutto è iniziato da un articolo sull’Avvenire del 18 maggio scorso in cui l’autore racconta di voci sull’esistenza di alcune “biciclette truccate” usate da diversi atleti nelle ultime gare.

Fin qui la notizia era priva di fondamento, ma poi è saltato fuori un video su YouTube (con il logo “Rai Sport” in alto) che vede protagonista il commentatore ed ex ciclista Davide Cassani che illustra il funzionamento di una di queste biciclette dichiarando di “poter vincere una tappa al Giro d’Italia a 50 anni” così equipaggiato.

L’autore del video inoltre mette in sequenza alcuni allunghi di Fabian Cancellara, atleta svizzero vincitore del Giro delle Fiandre e della Parigi-Roubaix, dove viene messo in dubbio che la rapida accelerazione di Cancellara sia dovuta alla sola forza muscolare. Questa tesi sarebbe avvalorata dai movimenti sospetti sul cambio del ciclista svizzero e dalla sostituzione della bici effettuata prima della volata finale durante le due gare. Il “trucco”, stando alle dichiarazioni di Cassani, non sarebbe altro che un motorino elettrico inserito nei tubi della bicicletta, assolutamente invisibile, in grado di assistere la pedalata e non far stancare le gambe dell’utilizzatore durante i primi km di competizione.

Intanto Fabian Cancellara e il suo team (Saxo Bank) hanno respinto con decisione ogni insinuazione e su Internet molti siti, specializzati e non, hanno evidenziato diversi aspetti che rendono l’ipotesi poco probabile. I punti fermi della vicenda sono:

1 – Esiste una ditta austriaca che produce motorini elettrici da applicare all’interno del tubo verticale che insiste sul mozzo dei pedali. Il nome della ditta è “Gruber” e costruisce questi meccanismi dal 2004. Con poche modifiche agli ingranaggi della bici, si può ottenere come risultato quello della pedalata assistita.

2 – Il motorino in questione ha bisogno di un pacco batterie dall’ingombro non trascurabile e che finora nessuno ha dimostrato essere occultabile all’interno della struttura della bici (facendo vedere dove e come sono nascoste). La bicicletta è mostrata solo parzialmente nel video.

3 – Nella versione originale, una volta avviato il servomeccanismo, il kit emette un rumore udibile a distanza ravvicinata

4 – L’autonomia della batteria e la spinta del motorino sono limitati. Alla massima potenza la batteria al Nichel dura non più di 45 minuti, quella al Litio ha un’autonomia maggiore (non specificata nel video dimostrativo).

5 – Davide Cassani dice di aver provato la bicicletta per un km riuscendo a raggiungere i 50 km/h senza alcun fatica, che il meccanismo è invisibile (le batterie sarebbero alloggiate nel tubo) e che non fa alcun rumore, ma soprattutto che la bici gli è stata consegnata da un professionista che dice che è stata utilizzata in gara da altri ciclisti.

Nel frattempo, io mi sono convinto che Cancellara è un atleta serio e molto forte. Non riesco invece a pensare che la Gruber abbia voluto fare un’operazione di marketing affidandola a Cassani (o al fantomatico “professionista” di cui non si può fare il nome). I giornali dicono che l’UCI (Union Cycliste Internationale) effettuerà un’indagine prima del Tour de France, ma non ho trovato riscontro da nessuna parte. Chiunque possa aggiornarci sull’evoluzione del caso è benvenuto nei commenti.

Fabian Cancellara e la bicicletta “truccata”, non c’è pace per il ciclismo é stato pubblicato su outdoorblog alle 18:49 di lunedì 07 giugno 2010.


Kitesurf, la barra senza leash

Kitesurf, la barra senza leash

La barra senza leash

Stanchi di trovarvi il leash della vela attorcigliato intorno alla vita? Vi capita spesso di dimenticarlo o di perderlo? Vi irrita dover buttare più di 20 euro per un pezzo di plastica e un moschettone? Bene, allora cominciate a pensare di fare a meno del tanto odiato leash. Ovviamente non basta buttarlo nel cestino o lasciarlo nella sacca della vostra vela perché in questo modo verrebbe meno l’unico sistema di collegamento tra voi e la vostra costosissima vela. Quella che sto per descrivervi, invece, è una modifica semplicissima che potete fare a tutte le barre e le ali da kite che prevedono l’uso del quinto cavo. Nel mio caso ho realizzato tutto a partire da una vecchia barra RRD del 2001 che apparteneva al kite con cui ho imparato a planare. All’epoca le ali avevano solo 4 cavi e il sistema di sicurezza consisteva in un braccialetto collegato ad una delle backline, che non era assolutamente adatto all’immediato depotenziamento del kite.

Qualora il vostro sistema di sgancio rapido preveda l’apertura del chicken loop, come in molte vele F-One o nelle vecchie North, dovrete acquistare o realizzare da voi un terminale che abbia l’anello sempre integro e poco al di sopra ci sia la possibilità di separare la cima in due parti. Quello che vedete in foto è un sistema della Pat-Love molto diffuso, almeno da due anni a questa parte e credo possiate reperirlo ovunque. A questo punto, la modifica da fare consiste nel prendere il terminale del quinto cavo e, una volta fatto passare nel foro della barra, attaccarlo all’anello “a 8” che avrete inserito poco sopra il chiken loop, utilizzando un moschettone. Per chi non si fida, è possibile inserire, a valle della barra, il solito “sgancio di sicurezza” presente in tutti i leash, ma poiché ormai il coltellino per tagliare i cavi è diventato obbligatorio come dotazione per il kitesurf, credo sia eccessivo.

Nelle foto, che valgono più di mille parole, potete vedere il risultato. Siete ovviamente liberi di rivestire le cime con delle guide di plastica per evitare lo sfregamento; in questo caso sta alla vostra fantasia inventarvi soluzioni per le diverse parti. Io, ad esempio, ho usato un tubicino e un tappo di plastica ricavato da una vecchia macchina per l’aerosol. La barra è stata testata con una vela North da 16mq e non modifica affatto la conduzione dell’ala o la sua stabilità in manovra. Chi fa trick che prevedono la rotazione sull’asse verticale del kiter, come ad esempio l’“handle pass” o altre manovre “da sganciato”, può attaccare il moschettone (allungando di qualche decina di centimetri il cavo) direttamente sul gancio posteriore (o sulla plastica di scorrimento) del trapezio.

Dettaglio dell'annello Dettaglio del terminale Il sistema di sgancio rapido

Kitesurf, la barra senza leash é stato pubblicato su outdoorblog alle 18:00 di giovedì 27 maggio 2010.